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Andrea Pica è noto ai più come chitarrista della band olbiese post-grunge Dealma. In realtà opera nel settore musicale a 360 gradi, insegnando e occupandosi della fase di produzione, ed è uno di quei pochi fortunati che è riuscito, con fatica e dedizione, a farne un lavoro a tempo pieno. Ha curato le registrazioni dell’acclamato singolo dei Nasodoble, Cazz Boh, e dell’album seguente, e supporta tuttora numerose band e artisti locali negli arrangiamenti e nei suoni. Non pago si prodiga anche di organizzare seminari, eventi e festival. L’ultimo in ordine di tempo è il Mota Music Fest. L’abbiamo incontrato all’indomani della primissima edizione del festival – svoltasi il 24 luglio 2016 al Green Horse Park di Olbia e della quale vi racconteremo a brevissimo – che ha visto esibirsi diversi interessanti gruppi locali, oltre ai Dealma stessi, prima del concerto finale dei Marta sui Tubi.

Abbiamo provato a capire come faccia a fare tutto questo senza l’aiuto di un clone. Troverete tutte le risposte nell’intervista che segue.

 

Ciao Andrea. In qualità di chitarrista dei Dealma, puoi provare a spiegarci quale è, secondo te, la caratteristica che vi colloca tra le band più affermate in Sardegna?

A mio parere il fatto che stiamo battendo molto il ferro finché è caldo: cerchiamo di suonare il più possibile, tenendo duro ed evitando di mollare proprio ora che le cose iniziano a girare. Per quanto si possa essere bravi, se non si dura nel tempo c’è il rischio di cadere presto nel dimenticatoio. Quando suoni in giro con costanza per anni, alla fine riesci a farti conoscere e a ricavarti uno spazio. Nonostante i diversi impegni di ognuno di noi, puntiamo comunque tanto su quello che facciamo e cerchiamo di essere professionali il più possibile.

 

La vostra musica e i suoni che proponete fanno molto riferimento a una certa cultura musicale dei compianti anni ‘90, in primis Soundgarden, Faith No More e Red Hot Chili Peppers. Voi però siete molto giovani: che cosa vi lega a quel periodo, nato e morto con i suoi protagonisti?

L’età media nel nostro gruppo si attesta sui 30 anni. Io stesso a quell’epoca ero molto piccolo. Ma gli anni novanta, musicalmente, hanno segnato tutti noi. Pur avendo gusti estremamente differenti, il genere nel quale ci ritroviamo tutti d’accordo è proprio il grunge di quegli anni. Cerchiamo di spaziare più possibile, ma chi ci ascolta, riconosce inequivocabilmente quei suoni nella nostra musica.

 

Da qualche anno siete molto ricercati in Sardegna ma le vostre scelte lasciano intendere che ambite a un bacino ben più ampio di quello regionale. Se così fosse, come vi state organizzando per “varcare” il mare? Come state pianificando la tanto agognata traversata verso lidi “continentali”?

Fino a questo momento non abbiamo fatto tantissimi tour. Nel 2010, grazie alla vittoria al B-side Contest di Cosenza, abbiamo avuto la possibilità di fare 15 date tra Olanda, Germania e Ungheria, con un’ottima risposta da parte del pubblico. Inoltre lo scorso inverno abbiamo fatto altre 10 date in Italia. Al momento stiamo iniziando a lavorare al nuovo disco e ovviamente ci auguriamo di poterlo portare in giro al di là del mare. Stare in Sardegna è bello, ma ovviamente poter calcare nuovi palchi con pubblici differenti ci darebbe una bella botta di vita. Anche se bisogna ammettere che fuori dall’isola non tutto è rose e fiori: ci è capitato di suonare in situazioni fantastiche ma anche in contesti freddi e poco ricettivi. Abbiamo anche constatato, con piacere, che la realtà sarda è molto più cool di quanto si potrebbe credere: i gruppi ambiscono a venirci a suonare perché trovano sempre un bel pubblico e accoglienze molto calorose. Abbiamo deciso di stabilirci qui e di coltivare in Sardegna il progetto Dealma, ma uno dei nostri principali obiettivi rimane comunque riuscire a suonare fuori dall’isola.

 

Vorreste proseguire con il cantato in inglese o state meditando l’arduo passaggio all’italiano?

L’intenzione c’è. O almeno la volontà di provarci. Non lo abbiamo ancora fatto in maniera concreta e non sappiamo ancora cosa potrebbe venir fuori. Sia la voce sia i suoni che proponiamo sono molto americani e coniugare questi aspetti con il cantato in italiano non è affatto semplice. Ma è una sfida che intraprenderemo sicuramente dopo l’estate.

 

Andrea tu sei il promotore e organizzatore del Mota Music Fest, un’iniziativa importante per la scena di questa zona della Sardegna. Ci racconteresti com’è nato?

La passione per l’organizzazione di spettacoli, stage e seminari non mi è mai mancata. Ho gestito per qualche tempo un locale qui a Olbia, il Planer Club, dove ho avuto modo di promuovere eventi interessanti, con musica originale e ricercata. E infatti sono andato “sotto” di brutto in poco tempo (ridiamo, ndr)!

Con il Mota Music Fest si voleva creare un evento di rilievo per la Sardegna che al contempo potesse dare alle band meritevoli presenti qui a Olbia la possibilità di esibirsi su un buon palco. E così è stato. L’idea del festival mi è venuta quando ho visto la location (il Green Horse Park, ndr), suggeritami da un amico che Io gestisce: un enorme campo dove in genere pascolano i cavalli. Per questa prima edizione del festival (svoltasi il 24 luglio 2016, ndr), avremmo dovuto suonare all’aperto ma il maltempo ci ha fatto optare per il capannone all’ultimo momento. Volevamo evitare che la pioggia rovinasse la sorpresa svelando il significato del nome del festival (mota significa “fango”, ndr).

I ragazzi che hanno suonato sono tutti amici di una vita, con i quali abbiamo condiviso tante serate. Siamo riusciti a contattare anche i Marta sui Tubi, che si sono dimostrati subito entusiasti all’idea di venire a suonare in questa zona. La nostra intenzione è quella di dare continuità al festival: iniziare dal basso e fare in modo che diventi un appuntamento fisso. Già quest’estate (il 14 agosto, sempre al Green Horse Park, ndr) replicheremo con il concerto dei Verdena.

 

Hai seguito le registrazioni dell’ultimo album dei Nasodoble e da lì è stato un crescendo di collaborazioni. In che cosa consiste esattamente quello che fai nella tua veste di fonico e produttore?

Con i Nasodoble abbiamo fatto i primi due singoli, poi è arrivato Cazz Boh e da lì l’album intero. Il successo del disco mi ha fatto conoscere anche in veste di produttore e successivamente ho curato il nuovo disco di Maurizio Di Tollo (ex La Maschera di Cera, ndr), con tante importanti collaborazioni. L’ultimo disco a cui ho partecipato è quello degli Ergot Project, dove rivedono e stravolgono alcuni pezzi dei Beatles.

Quella del produttore è una passione che ho sviluppato con gli anni e ora la sento mia almeno quanto quella per la chitarra. Ora ci dedico gran parte del mio tempo, ma prima che diventasse un lavoro ho dovuto studiare tanto. Ho anche frequentato, in veste di tirocinante, anche lo Studio Impatto di Marco Borsati e Celso Valli, dove ho imparato davvero tantissimo. Alla fine sono riuscito a farne un lavoro, riservandomi la possibilità di poter scegliere le produzioni da portare avanti e di poterci sempre mettere del mio, attraverso ad esempio l’arrangiamento o l’inserimento di parti di chitarra.

 

Insieme ai nostri amici Mauro Medde degli SVM e Fabio Carta, hai accompagnato Jennifer Batten per le sue recenti date in Sardegna. Che esperienza è stata? Come vi siete incontrati?

Ho conosciuto Jennifer Batten in occasione di una sua esibizione al Planer Club, mentre con Fabio ci siamo incontrati mentre insegnavamo alla stessa scuola di musica. Qualcuno aveva proposto a lui e Mauro di suonare con Jennifer e loro, gentilissimi, hanno pensato di coinvolgere anche me nel tour. Abbiamo fatto due esibizioni live e un seminario, senza praticamente effettuare prove. È stato tutto molto divertente, decisamente una bella avventura. Un’altra esperienza fantastica, tra le ultime, è stata il mini tour con Pier Foschi, storico batterista di Jovanotti e tra i più rinomati in italia. Con Christian Marras e Ilenia Romano ci siamo cimentati in una scaletta stabilita a cena con 4 date sarde. Tutte esperienze incredibili e soprattutto estremamente costruttive.

 

Un saluto al clan Brincamus

Con voi ragazzi di Brincamus ci sentiamo spesso ma purtroppo ci vediamo molto raramente. Ne approfitto per ringraziarvi tutti, e Giancarlo Palermo in particolare, per il lavoro fatto finora. Mi auguro che la collaborazione duri a lungo e che possiate a breve darci una mano a farci un giro oltre mare, speriamo già quest’inverno.

 

Intervista a cura di Simone La Croce

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PER SAPERNE DI PIÙ SUI DEALMA

>> La scheda

 

Chitarrista dei Dealma, produttore musicale e organizzatore del Mota Music Fest: Andrea Pica si racconta a Brincamus
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