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I Dromo Tet sono un gruppo di cinque amici che si conoscono da una vita e che, pur provenendo da esperienze e gusti musicali molto diversi, hanno deciso di mettere in piedi un progetto di cantautorato, che si ispira ai grandi nomi del passato – da De André a Gaber – ma che fa della ricerca di uno stile originale il proprio lato distintivo. Nel 2015 è uscito il loro primo disco, Poesie Da Bar, un concept album totalmente autoprodotto e che racconta con linguaggio quotidiano le vicende dei tanti frequentatori di un bar di paese, come il loro, affrontando in maniera schietta anche grandi temi quali l’amore, i viaggi, fino a sconfinare nella comunicazione e nel giornalismo. Il tema e la “mania” dei viaggi li accompagnerà anche nel prossimo disco attualmente in lavorazione, anche attraverso il brano Dromomania, che uscirà in anteprima.

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con il cantante Cristian Garau, che, insieme al chitarrista Tomas Tatti, al progetto Dromo Tet ha instillato la spinta iniziale. Sentiamo che cosa ci ha raccontato e che cosa li aspetta nel loro prossimo futuro.

 

 

Salve ragazzi. Una prima domanda è sulla nascita del vostro progetto musicale. Non è un progetto usuale ed è molto inquadrato in uno stile ben preciso. Mi chiedevo se fosse nato a tavolino o per iniziativa di uno di voi che aveva la passione per il genere.

Noi siamo un gruppo di amici che ha sempre suonato insieme fin da quando avevamo 10 anni. I testi, ci teniamo a sottolinearlo, sono del Dromo Tet. Un imprinting forte viene da me (Cristian Garau, ndr) e dal chitarrista Tomas Tatti.

La nostra band è formata oltre che da me e da Tomas, anche da Alberto Marongiu al basso, Andrea Sanna alla tastiera e Nicola Vacca alla batteria – questi ultimi due fanno anche parte del gruppo jazzistico SVM – e ciascuno di noi viene da un percorso musicale differente, che ci ha però spinto a incontrarci nel genere cantautorale. Nel mettere insieme tutte queste esperienze diverse, abbiamo iniziato con il proporre i testi, all’inizio abbozzati da me e da Tomas, ma poi condivisi e fatti propri da tutta la band, e su quelli trovare degli arrangiamenti in piena libertà e ognuno secondo le proprie esigenze e capacità espressive. Questo spirito, che si può definire cantautorale, è stato sin dagli inizi approvato e apprezzato da tutti e non c’è voluto molto perché diventasse il modus operandi della band.

 

Quali sono le vostre principali fonti di ispirazione sia in termini di musica che di testi?

Le nostre sonorità sono ricercate e spaziano tra il funk, il reggae, il pop, il blues. E questo si sentirà ancora di più nei nuovi pezzi a cui stiamo lavorando proprio adesso. Tenderemo ad allargarci anche verso nuovi generi musicali.

Da un lato ci ispiriamo ai grandi del passato, come De André, Gaber e Paolo Conte, e dall’altro anche Roberto Freak Antoni o personaggi come Guido Catalano.

 

A proposito di cantautorato, lo stampo sembra proprio essere quello dei grandi “standard” italiani del passato. Quella forma-canzone con una profonda attenzione ai testi, per l’appunto. Non necessariamente a discapito della musica. Voi siete molto giovani e questo approccio mi ha incuriosito molto. È voluto e ricercato?

Si, è decisamente voluto. Noi descriviamo quello che vediamo e viviamo e abbiamo intenzione di continuare a farlo. Raccontiamo storie. Raccontiamo le persone e la vita di tutti i giorni, in linea con la tradizione cantautorale, italiana e non solo. Vorremo dare piacere a noi e agli altri. Rilanciare in qualche modo le tematiche relative alla vita del paese in generale, spesso lontana dai grandi temi trattati nella canzone d’autore così come la conosciamo oggi.

 

Nel vostro disco d’esordio Poesie Da Bar le storie sono raccontate in maniera abbastanza chiara e non hanno bisogno di molte ulteriori spiegazioni. Però sono curioso di sapere da dove vengono fuori realmente queste storie.

Poesie Da Bar racconta di personaggi, reali o romanzati che siano, assidui frequentatori del bar, del nostro paese, Lunamatrona (CA), ma un po’ di tutti i paesi del mondo. In questo senso abbiamo trovato l’ispirazione per Il nichilista, una canzone che parla del classico personaggio totalmente menefreghista nei confronti di tutto e di tutti ma che al contempo non riesce a schiodarsi dalla sua posizione. Ma nelle nostre canzoni parliamo anche di ragazze. Dei viaggi fatti per puro spirito di avventura e dei viaggi mentali. Di personaggi reali, che abbiamo conosciuto davvero, con cui abbiamo parlato. Nell’affrontare la figura di Giuda Iscariota, parliamo di falsità, di arrivismo e di imprecazioni, che nei migliori bar non mancano mai. Parliamo della televisione, quindi di comunicazione e giornalismo. Sono discorsi non facili da affrontare che noi proviamo a rendere più leggeri e distaccati, un po’ come si fa al bar.

 

Ho notato, con piacere a dire il vero, anche che non vi siete messi troppi problemi a utilizzare un linguaggio da bar vero e proprio, che rende le vostre storie ancora più reali e vissute….

Eh già! Per come la vediamo noi, anche un’imprecazione o un’espressione scurrile può essere poesia. Nel momento in cui ci metti il cuore per scriverla può diventare poesia. Che non è detto che sia tale solo se si utilizzano linguaggi aulici.

 

Poesie da bar può essere considerato una sorta di concept album. C’è un’idea dietro, c’è un filo conduttore, dei personaggi legati tra loro. E a tal proposito mi interessa approfondire il discorso della dromomania. Spiegaci meglio di questo personaggio, affetto da dromomania appunto, che raccoglie le storie degli avventori del bar e le racconta a sua volta nel disco.

La dromomania, che sarà oggetto di uno dei nostri prossimi brani, è l’ossessione per il viaggio e lo spostamento. Dai medici viene definita come una malattia. Per noi è quel fuoco che di brucia dentro e che ti costringe a camminare e a non mettere radici in nessun luogo. Italo Calvino è stato affetto da questo “disturbo”, così come lo sono i Rom da oltre 2000 anni. Per tutto questo tempo hanno vissuto senza Stato, senza istituzioni, senza un loro territorio. Non necessariamente è qualcosa di negativo. Anzi potrebbe rivelarsi un pregio per tanti. Così come per il personaggio che scrive le poesie da bar nel nostro disco. Lui stesso è affetto da dromomania e vaga tra i tavolini del bar ad ascoltare le storie che gli avventori hanno da raccontare. Non riesce a rimanere fermo, spinto dalla curiosità di scoprire le storie dei personaggi che lo affollano.

 

Raccontate storie ma soprattutto parlate di tematiche molto attuali, proprio con lo spirito del bar, fatto di qualunquismo e leggerezza.

Ma spesso anche con delicatezza. Nel bar le persone spesso tendono anche a chiudersi un po’ in se stesse, con un mix di timidezza e sfrontatezza, sfoderando battute incredibili e appunto una leggerezza non propria di certi argomenti, spesso anche molto grevi e profondi. E questa è un’atmosfera che abbiamo cercato di trasporre all’interno del disco. Con le parole e con la musica.

 

Ho visto che in Sardegna avete già avuto modo di portare in giro l’album. Vi sarete anche fatti un’idea della risposta del pubblico alle vostre canzoni, pubblico che immagino sia stato anche abituato ad altri standard, forse lontani dal cantautorato classico. Qual è stata l’accoglienza che avete trovato?

È stata molto positiva, sia dai più giovani che dagli adulti. Non abbiamo ancora un grande seguito, però notiamo, con nostra grande gioia, che ci apprezza il diciottenne come il settantenne. E questa è una grandissima soddisfazione per noi. Quando suoniamo, il nostro obiettivo è quello di raggiungere il cuore anche solo di una persona. Scoprire di avere anche solo dieci persone che ci seguono per noi è una vittoria a prescindere da tutto il resto. Questo è e sarà sempre il nostro obiettivo principale.

 

Avete realizzato Poesie Da Bar in totale autoproduzione, pratica desueta che sta di recente, sotto diverse forme, riprendendo piede. Avete tuttavia raggiunto una buona qualità. Vorrei sapere, anche per chi ci legge, se riuscire a realizzarlo in questo modo è stato semplice e quali difficoltà e vantaggi avete incontrato nel farlo.

È possibile, ma ci vuole principalmente passione e umiltà. Ci abbiamo messo un anno a registrarlo, aiutati dai nostri amici, in particolare Simone Littera – senza la sua dedizione e la sua precisione sarebbe stato tutto un po’ più difficile! – nello scantinato del nostro batterista Nicola Vacca – ora Panda Studio – con strumentazione in prestito. Talvolta registrando a fura (di nascosto, ndr) per poter tenere gli strumenti qualche giorno in più. Senza dubbio ci vuole anche molta calma, bisogna sapersi venire incontro e scendere a compromessi. Le spese sono sostenibili e la soddisfazione è maggiore. Vedi e senti la tua musica nascere e prendere forma da zero in una maniera più intima e personale rispetto alle modalità classiche. Occorre seguire la propria passione senza farsi prendere dalla fretta, senza imporsi scadenze. È oggettivamente non semplice ma si può fare. Assolutamente. E il risultato è una grandissima soddisfazione. Essere riusciti a realizzare questo disco in autoproduzione per noi è un motivo di orgoglio.

 

Quindi il nuovo disco?

Abbiamo già quattro o cinque brani pronti. Realizzati con la collaborazione di amici che stanno nella nostra zona, sempre per restare legati alle dinamiche “di paese” che tanto ci stanno a cuore, tra cui Stefano Casti (che è anche bassista dei The Rocies, dove suona lo stesso Nicola Vacca, e fa parte della band di Piero Marras, ndr) che ringrazio. Di altri brani stiamo chiudendo le strutture e sono ancora in ballo. L’intenzione è quella di inserirli in un nuovo album. Prima però anticiperemo qualche brano sparso, come Dromomania di cui ti dicevo prima. Per tutto il resto rimandiamo il discorso a quando l’album sarà pronto.

 

Benissimo. Attendiamo fiduciosi. Infine anche a voi chiedo di fare un saluto per gli amici di Brincamus

Il Dromo Tet saluta calorosamente gli amici di Brincamus. Vi ringraziamo per il lavoro che state facendo e non vediamo l’ora di poterci conoscere di persona quanto prima. Magari al bar!

 

A cura di Simone La Croce

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Dromo Tet, cantautorato e chiacchiere da bar
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