golaseca

Look piratesco, tematiche importanti, rock fiabesco e tanto amore per la propria terra. Questi gli elementi che saltano subito agli occhi (e alle orecchie) impattando nei GolaSeca, band sulcitana che, partendo da rivendicazioni operaie, ha saputo estendere i propri orizzonti a tematiche fortemente connesse con l’ambiente, la società e i rapporti politici e civili che la governano. Scelte stilistiche fortemente impegnate e di non facile gestione, dettate più che altro da necessità contingenti: i problemi della Sardegna e le loro possibili soluzioni, suonate e narrate con uno stile originale e ben connotato. Le loro musiche mischiano suoni tipici della tradizione rock e folk con quelli caratteristici dell’isola, entrambi immersi in atmosfere che loro stessi amano definire “fiabesche”, meglio se con un lieto fine. Abbiamo fatto qualche domanda a Roberto Cossu Cortejanas, frontman e cantante della band, che ci ha permesso di mettere a fuoco quegli aspetti che fanno dei GolaSeca una band decisamente fuori dagli schemi nel panorama isolano.

 

Salve ragazzi. Ho letto che amate definire la vostra musica Rock Fiabesco. Ci potreste spiegare meglio cosa intendete con questa definizione?

Il rock fiabesco è un termine che abbiamo cucito addosso alla nostra musica per attribuire alle nostre sonorità e ai nostri testi la dimensione di una fiaba, sia nelle sue sfumature musicali, sia nei testi che nei cantati, racconti di vita. Dopotutto nelle fiabe c’è sempre un lieto fine

 

Alcuni di voi sono operai presso un’azienda al cui destino è legato quello di tanti altri vostri conterranei. Dalle proteste alla composizione de La rogna dei re il passo è stato breve. Si può dire che i GolaSeca partano da lì? Dalle lotte operaie, dalle rivendicazioni per il lavoro e per una attenzione diversa per i problemi che attanagliano la Sardegna?

I Golaseca, a differenza di altri gruppi, hanno vissuto sulla propria pelle il dramma del licenziamento. Siamo partiti da quello, con rabbia e forza, ma anche con la consapevolezza che quando si chiude una strada se ne può aprire un’altra se se ne ha la voglia e la grinta! È stata una partenza, un inizio, ma ora, pur restando vicini al movimento operaio, nella vita siamo musicisti. Anzi, cucitori di canto!

 

Quanto della canzone politica ritenete ci sia nei vostri brani?

La politica è la vita di ogni giorno, dovrebbe essere l’essenza del quieto vivere dei popoli e per i popoli. Purtroppo il termine politica è stato sporcato dall’uomo stesso, traditore di se stesso e dei suoi simili!

La vicinanza dei nostri testi alla politica emerge soprattutto in ciò che vorremmo tirar fuori dalla gente che ci ascolta, cercare di spronarla a pensare con la propria testa e a lasciar perdere il “tifo politico”!

Non siamo vicini a nessun partito italiano, ma sicuramente condanniamo e combattiamo tutti i partiti e i politici che seminano odio, razzismo e omofobia! Credo sia superfluo citarli, ma se canti Sud dei Sud non vuol dire che sei contro il nord, mentre qualche partito del nord invece odia i Sud dei Sud!

 

In Sardegna siete parecchio ricercati. Da chi è costituito principalmente il vostro pubblico?

La risposta a questa domanda è complessa, poiché in Sardegna è molto difficile lavorare per vari motivi! Non esistono progetti manageriali seri, e gli artisti vengono venduti come carne da macello, spesso messi in panchina a favore dei soliti nomi o di prodotti di discutibili qualità, venduti ai comitati che, con pochissimo coraggio, continuano da anni a proporre nelle feste i soliti spettacoli vecchi ormai di 50 anni!

Ecco cosa manca al pubblico in Sardegna: la possibilità di poter conoscere gli artisti emergenti, ciò che fino agli anni ‘90 accadeva nelle piazze!

Sicuramente il nostro percorso è più difficile in un’epoca in cui chi crea musica e testi è meno importante di chi suona cover! Il pubblico che ci ascolta è misto, dai ragazzini, forse più affascinati dal look, ai ventenni ma anche ai cinquantenni nostalgici del rock!

La nostra speranza è quella di rivedere le piazze piene di gente che dà fiducia a chi crea e non a chi copia! Come questa generazione talent distruttiva.

 

I vostri testi sono fortemente contestualizzati in Sardegna, anche se riuscite a non darlo troppo a vedere. Avete però avuto un buon risalto oltre Tirreno, specie subito dopo il vostro esordio, aprendo per Finardi e Pino Scotto e suonando con Omar Pedrini e il già citato Franco Caforio. Come va il vostro rapporto con il “continente”? Siete riusciti a costruirvi un seguito anche fuori dalla Sardegna?

Siamo pronti! Lo ripetiamo da mesi, siamo pronti al grande salto, stiamo solo sperando che qualcuno abbia il coraggio di “regalarci” un tour nello stivale, quello sarà il momento più importante per la nostra carriera, ci sentiamo pronti dopo tanti palchi importanti e riconoscimenti, ma è arrivata l’ora di far conoscere la nostra musica a tutta l’Italia!

 

Giusto per divagare un po’: cosa vi accomuna con pirati e banditi, dai quali avete preso il look e non solo?

I banditi sono affascinanti, l’idea di essere bandito dalla società per le tue idee di lotta, per aver avuto il coraggio di sfidare il poteri forti ci piace molto! I pirati invece sono la sintesi della vita per un isolano, uomini che sfidano i mari per un bottino, in questo caso però niente fucili o arpioni, ma canzoni rock e il bottino si chiama “gloria”!

 

Avete lavorato con Franco Caforio, batterista dei Litfiba negli anni ‘90. A giudicare dalle ambientazioni sonore dei vostri pezzi non sembra una collaborazione casuale. Possono essere rintracciate nei primi Litfiba le vostre principali influenze musicali?

Probabilmente chi fa rock e ha una voce profonda e calda come il nostro cantante viene paragonato al meglio che l’Italia ha espresso nel rock mediterraneo, i Litifiba, per noi un grande complimento! Però in Italia, spesso si ricorre al paragone per giustificare qualcosa di nuovo, noi siamo i GolaSeca, ragazzi che non sono vissuti in un’isola deserta lontani dal mondo, quindi sicuramente siamo stati influenzati da chi ci ha preceduto e ha segnato la storia del rock italiano!

 

In conclusione, vi va di fare un saluto al clan Brincamus?

Più che un saluto al clan Brincamus, vi facciamo un grande augurio, perché sappiamo quanto sia difficile il vostro percorso. Dare fiducia alle band che esprimono idee nuove è faticoso, poi se sono sarde la fatica è doppia, non per demeriti o mancanze, ma perché vivere in un’isola quando devi viaggiare, ogni concerto o spostamento diventa una grande impresa. Quindi se arriveranno un giorno grandi risultati per noi e per il clan Brincamus, la soddisfazione sarà doppia!

 

Intervista a cura di Simone La Croce

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PER SAPERNE DI PIÙ SUI GOLASECA

>> La scheda

 

 

Il rock fiabesco dei pirati GolaSeca, musicisti, narratori e “cucitori di canto”
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