Tenore_Osana

 

Fieri rappresentanti della tradizione corale baroniese, i ragazzi del Tenore Osana di Orosei hanno fatto della passione per il canto il collante che li ha tenuti insieme fin da quando, giovanissimi, hanno intrapreso questa strada e deciso di percorrerla fino ad oggi. Il Canto a Tenore, riconosciuto dall’Unesco Patrimonio orale e immateriale dell’umanità, è per loro “l’espressione più alta della nostra vera identità” e i loro sedici anni di carriera dimostrano che questa è tutt’altro che una frase fatta. La dedizione e l’impegno profuso hanno permesso loro di portare il canto oltre il mare e i confini nazionali, fino alle esibizioni in Germania, Svizzera, Bulgaria e Inghilterra, scoprendo lo stupore negli occhi di chi viene catturato per la prima volta da qualcosa di sconosciuto e affascinante.

Tradizionalisti nell’approccio, non hanno però rinunciato a collaborare anche con realtà musicali distanti dalla loro, senza mai dimenticare la loro vera essenza e la loro identità. Ci siamo fatti raccontare com’è andata, come hanno costruito il progetto Osana e come lo portano avanti.

 

Abbiamo avuto modo di chiacchierare con altri Cori a Tenore e sono emerse importanti differenze tra il modo di cantare di ciascun paese. Quali sono le caratteristiche che contraddistinguono il canto di Orosei rispetto a quello di di altre realtà?

Non è semplice spiegare a parole le caratteristiche di un canto così particolare. In generale nel canto baroniese le voci de “su tenore” sono molto diverse da quelle dell’area barbaricina: “sa contra”, ad esempio, assume una sonorità particolarmente cupa e chiusa, senza che il volume del suono non perda di intensità. “Su bassu” non ha caratteristiche particolarmente peculiari, ma si presenta comunque chiuso e aspro, e durante l’esecuzione si possono notare numerose variazioni di tonalità che non troviamo frequentemente nelle altre zone. Si contraddistingue, inoltre, per l’uso di monosillabi differenti: anziché i più diffusi “bim bai”, vengono usati i vocalizzielle elle”. Ci connota in modo particolare l’impostazione vocale, il ritmo molto cadenzato e l’incipit di alcuni brani cantato con vocali aperte.

 

Siete tutti abbastanza giovani. Come vi siete incontrati e come mai avete deciso di mettere in piedi un Coro a Tenore?

Ci siamo avvicinati al canto a tenore da adolescenti, entrando a far parte di gruppi già esistenti, presso i quali abbiamo avuto modo di apprendere e affinare la nostra “tecnica” grazie al supporto di voci esperte. Il canto a tenore è una tradizione tramandata principalmente per via orale. Tanta pratica e niente teoria. L’entusiasmo e l’amicizia che ci accomunavano, e ci accomunano tuttora, sono le principali ragioni che ci hanno spinto a costituire il gruppo attuale.

 

Nonostante la vostra età potete già vantare 16 anni di carriera. Come in una relazione o in un gruppo rock, è un lasso di tempo molto lungo, durante il quale non sempre è semplice rimanere uniti. Per farlo immagino serva molta passione e spirito di sacrificio. Che cosa vi ha tenuto uniti tutto questo tempo?

Come in qualsiasi iniziativa il vero collante è la passione. È quella che ci porta a voler proseguire nel nostro percorso, sperando di poter un giorno tramandare alle generazioni, presenti e future, questa tradizione e tutto quello che porta con sè.

 

Questa è una domanda che mi capita spesso di fare ai gruppi che hanno avuto modo esibirsi all’estero. Nel caso del particolare canto che proponete, la curiosità è doppia. Vi siete esibiti in Germania, Svizzera, Bulgaria e Inghilterra. Che tipo di accoglienza avete ricevuto? Come viene visto il canto a tenore fuori dalla Sardegna e dall’Italia?

Il nostro canto è unico. Ne siamo consapevoli così come lo sono i popoli che ci hanno ospitato. L’accoglienza è sempre stata molto calorosa. La curiosità di scoprire una così particolare espressione canora, fa sì che chi ci ascolta – sia anche per la prima volta – venga catturato e trasportato in una dimensione sconosciuta. Questo ha creato sempre un’atmosfera accogliente e straordinaria in ogni parte del mondo in cui siamo stati.

 

Di recente avete partecipato a uno studio archeologico culturale. Ci ha incuriosito parecchio questa cosa. In che cosa è consistita esattamente la vostra partecipazione e come mai siete stati contattati voi?

In realtà al progetto in questione siamo arrivati perché all’epoca facevamo parte anche di un coro polifonico, già impegnato in questo studio, del quale il Tenore costituiva parte integrante. In quell’occasione, con gli allora quattro componenti, abbiamo organizzato diversi incontri e conferenze. Questa nostra partecipazione ha senza dubbio arricchito una già consolidata esperienza con elementi storici e culturali in generale, dai quali un canto antichissimo come il nostro non può certo prescindere.

 

Il Canto a Tenore è stato inserito dall’UNESCO nel 2005 tra i Patrimoni orali e immateriali dell’umanità e voi siete stati tra i primi ad esibirsi per questo riconoscimento. Le motivazioni dell’UNESCO sono ben note. Ma secondo voi qual è il vero merito del Canto a Tenore che gli è valso questo importante riconoscimento?

Il canto a tenore è l’espressione più alta della nostra vera identità. Rappresenta la tradizione, l’abilità e la passione di un popolo fiero, umile e da sempre troppo sottovalutato. Siamo fieri di essere stati i rappresentanti, in così alte sfere, di un così prezioso tesoro, quale è il nostro canto.

 

Avete anche avuto modo collaborare con altri musicisti, legati alla tradizione sarda e non, tra cui, ad esempio, il suonatore di launeddas Andrea Deplano in occasione della manifestazione Emmas organizzata dai Cordas et Cannas. Non tutti i cori a tenore sono aperti a questo genere di collaborazioni. Voi come vedete la possibilità di contaminazione del vostro canto con altre sonorità?

Le nostre collaborazioni, nel tempo, hanno spaziato verso altri generi musicali. Ad esempio abbiamo collaborato con qualche gruppo rock locale, come gli Huge di Orosei. Si è trattato di un relativamente semplice scambio di esperienze e contaminazioni culturali, intraprese sempre con lo spirito della divulgazione e della promozione del nostro canto e, soprattutto, senza dover mai rinunciare alla nostra identità.

 

Infine vi andrebbe di fare un saluto ai ragazzi di Brincamus…?

Certamente. Lo faremo però nel nostro dialetto:

Chi custas paccas paraulas cherimmus salutare e augurare donzi vortzuna a tottus sos pitzinnos de Brincamus. A menzus viere. (Con queste poche parole vogliamo salutare e augurare buona fortuna a tutti i ragazzi di Brincamus. A presto, ndr)

 

A cura di Simone La Croce

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PER SAPERNE DI PIÙ SUL TENORE OSANA

>> La scheda

 

La passione per il canto dei ragazzi del Tenore Osana di Orosei