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Far ridere le persone è un dono e chi riesce a farlo ricopre un ruolo sociale che va ben oltre quello che generalmente gli si attribuisce. Nicola Cancedda ha questo dono e chi lo ascolta, se ne avesse la possibilità, lo ringrazierebbe ogni volta. Dagli esordi a Radio Macomer Centrale alla televisione il passo è stato breve. In mezzo ha fatto la gavetta dei comici: le televisioni regionali, i primi passaggi in radio fino alle radio nazionali. Radio 105, Radio Deejay e la popolarità nazionale.

Ma Nicola non è solamente un cabarettista. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, è anche un autore ricercato che ha saputo mostrare il “lato serio della sua vena artistica”.

In questa intervista si parla del mondo di Nicola, quindi di risate, di come far ridere la gente e di come non farla ridere. E di tante altre cose che vi riveleranno un Nicola Cancedda sconosciuto ai più. Buona lettura.

 

Ciao Nicola. La prima domanda che ci viene in mente è: ma quante risate ti fai a scrivere i brani che scrivi?

Mi fai una bellissima domanda perché, in ogni lavoro, le cose che fai devono sempre piacere prima di tutto a te. E nel mio caso devono far ridere per primo il sottoscritto.

È bello scrivere qualcosa che divertirà qualcuno. Ti dà tanta soddisfazione anche perché non è semplice far ridere e ancor di più rinnovarsi con argomenti e nuove battute. Quando inizi una carriera tutto è novità, ma presto rischi di cadere nel già sentito. È una sfida: quando qualcosa di quel che scrivo mi piace è una grande soddisfazione, sperando sia anche una grande risata per qualcuno.

 

Ripercorriamo un po’ i tuoi trascorsi artistici. Tra le tue prime esperienze c’è anche la partecipazione attiva a Radio Macomer Centrale tra il 2006 e il 2007. Cosa ti ha dato il mondo radiofonico?

Tantissimo. Facevamo il programma in diretta e questo ci dava la possibilità di improvvisare tanto e avere il riscontro immediato del pubblico. A Radio Macomer Centrale sono nati i miei personaggi e le imitazioni di cantanti regionali che hanno accompagnato buona parte della mia carriera. È stato anche molto impegnativo perché ogni settimana dovevo scrivere i copioni per i personaggi, la struttura delle puntate e occuparmi degli ospiti. Diciamo che è stata una bella palestra che mi ha preparato artisticamente e dato la possibilità di raggiungere tanto pubblico con una semplice genuinità.

 

Dalla radio il passaggio alla televisione è stato breve. Come sono stati gli anni nelle televisioni regionali?

Il mio rapporto con la TV è legato soprattutto alla mia amicizia con Giuliano Marongiu. Lui non manca mai di invitarmi alle sue seguitissime trasmissioni e io, sinceramente, accetto sempre molto volentieri perché ha la grande capacità di farmi sentire a casa lasciandomi sempre grande libertà di proporre quel che più mi piace. E questo non succede spesso in TV.

Quest’anno ho avuto la fortuna di esibirmi per ben due volte al programma dei Lapola su Videolina. Essere loro ospite è stata un’emozione unica. È stato come far battere un rigore in serie A ad un giocatore di terza categoria. Dopo tanti anni, prima di un’esibizione ho provato quella sana preoccupazione mista ad adrenalina. Ringrazio Massimiliano Medda e il suo splendido gruppo per la grande emozione che mi hanno regalato.

 

Altrettanto breve è stato il passaggio ai network nazionali, fino ad arrivare a Radio Globo, Radio Deejay e Radio 105. Ci puoi descrivere cosa si prova a sentire per la prima volta una propria canzone trasmessa da una radio con un così ampio bacino di ascoltatori?

Quando una delle mie canzoni è stata trasmessa a Radio 105 da Marco Galli nel programma Tutto Esaurito, il mio telefono è impazzito. Ho ricevuto messaggi da chiunque e le visualizzazioni dei miei video e dei miei brani si sono impennate in poche ore. Sui social ho ricevuto messaggi da tutta Italia, e ancora oggi qualcuno mi contatta chiedendo se sono proprio io quello della canzone Una su mille di Radio 105.

Sentire un tuo brano su un’emittente nazionale è una strana e forte emozione. È bello sapere che dentro un bar, in macchina o in qualsiasi altra parte c’è qualcuno che ti sta ascoltando e si sta chiedendo: “Chi è ‘sto pazzo?”

 

Quale la battuta sulla quale non avresti scommesso e che invece è risultata la più efficace?

Devo dire un brano: Il perizoma nero! È quello che ha venduto più di tutti. L’avevo pronto già dall’anno prima ma poi , non so neanche io perché, l’ho tenuto da parte. Successivamente, visto che il brano originale La camisa negra andava alla grande, non solo ho deciso di inciderlo, ma è stato il titolo del mio secondo album accompagnato da una buffa e indimenticabile copertina.

 

Qual è invece la battuta che ti aspettavi facesse più ridere ma è andata diversamente?

Le battute di solito le studio. Le provo con gli amici e molte volte anche in serata. Mi accorgo subito di cosa funziona e cosa no. Non avviene così per le canzoni: quando realizzi un brano non sai mai se funzionerà sino a quando non è sul mercato. Molte volte il brano che tu preferisci gli altri lo snobbano, e i brani che a te sembrano meno forti diventano delle hit.

La cosa divertente è che, se una battuta non fa ridere, non la dici più e tutto finisce lì. Ma se un brano non funziona, resta comunque in giro tra cd, mp3 e Youtube! E non nego che ci sono brani che vorrei cancellare! Sono i piccoli rischi del mestiere.

 

Al di là della satira e della parodia, pare tu sia un musicista vero. Cosa non sempre scontata per chi fa musica cosiddetta “demenziale”. Hai scritto anche brani per artisti sardi che apparentemente poco hanno a che vedere con la tua musica, come il già citato Giuliano Marongiu, Maria Luisa Congiu e Maria Giovanna Cherchi. Che cosa ci puoi dire in proposito?

Credo che la scrittura comica, anche se non sembra, sia più difficile. Scrivere canzoni mi è sempre piaciuto e, grazie agli artisti che hai elencato, ho avuto la possibilità di mostrare il lato “serio” della mia vena artistica.

Il primo a incidere un mio brano è stato Giuliano Marongiu con “l’intercessione” del grande Gio Leonardi di Gente Nuova. Ora collaboro con il gruppo Kantidos, per il quale scrivo brani sia in italiano che in sardo. Sono tre voci molto interessanti che vi consiglio di tenere in considerazione per il futuro se ancora non li conoscete. Grazie a loro ho potuto veder realizzati dei miei brani come Sos sonnios de Deus, Le cose che non so, Chelzo, Qui e Tue. Cercate e ascoltate pure questi brani: c’è un Nicola che non vi aspettavate!

 

Ti va di fare un saluto al clan Brincamus?

Certamente! Prima di tutto grazie per quest’intervista. Grazie perché date spazio e voce anche ad artisti meno famosi che, come nel mio caso, hanno meno occasioni per parlare del loro lavoro. Ma grazie soprattutto per quel che fate per la nostra terra pubblicizzandola e portandola oltre il mare… con un bel salto!

Voletevi sempre bene ricordando l’antico proverbio sardo: Chi di figu perisca… di figu morisca! Ciao!

 

 

A cura di Simone La Croce

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PER SAPERNE DI PIÙ SU NICOLA CANCEDDA

>> La scheda

 

Nicola Cancedda, da Radio Macomer Centrale ai grandi network nazionali, storia di un cabarettista made in Sardinia