Elisa Pistis 1

Tra i soci di Brincamus non ci sono solamente musicisti. L’Associazione ha allargato i suoi confini anche a chi lavora nel teatro e questo ci ha permesso di incontrare e conoscere meglio Elisa Pistis, attrice, autrice e regista originaria di Elmas, ora in giro per l’Italia con i suoi tanti spettacoli. Elisa, come altri suoi colleghi in ambito musicale, ha saputo fondere le diverse esperienze intraprese negli anni con il suo “bagaglio” di sarditudine, riuscendo a coniugare lingua, suoni, luoghi e rituali con storie apparentemente lontane da essi. Dopo l’Accademia d’Arte Drammatica Nico Pepe ha fondato una sua compagnia – la Compagnia Fronda Anomala – con la quale ha raccontato la cucina dietro le trincee della Grande Guerra, si è cimentata nel triplice ruolo di attrice, autrice e regista, e ora è impegnata nel tour dello spettacolo Human, che vede coinvolti personaggi del calibro di Lella Costa, Marco Balliani, Antonio Marras e Paolo Fresu. Nell’intervista racconta com’è riuscita a fare tutto questo e quali sono le motivazioni profonde che l’hanno spinta a portare avanti i suoi progetti e le sue idee. Buona lettura. Ne vale la pena.

 

Una delle prime cose che salta all’occhio leggendo dei tuoi lavori è la presenza importante della Sardegna. Al di là delle motivazioni ovvie, cosa ti spinge a inserire qualcosa di sardo nei tuoi spettacoli? Come la lingua, il canto e l’arte, solo per fare qualche esempio.

È una spinta che è venuta fuori da sola, in modo molto naturale. Evidentemente è un bagaglio che fa parte di me: vivendo in Sardegna, forse inconsciamente, ti si accumula dentro e ad un certo punto ti rendi conto di possederlo. Paradossalmente mi sono resa conto del legame con la Sardegna proprio quando mi sono trovata lontano dall’isola. Dopo aver fatto esperienze di tutt’altro genere, in un determinato momento della mia vita ho sentito la necessità di “tornare alle origini” e lavorare con la mia cultura. Giusto per fare un esempio: dovevo confrontarmi con un testo e sentivo che la lingua sarda poteva essere un mezzo espressivo più potente dell’italiano. Ho provato così a tradurre il testo e a esplorare la drammaturgia con le sonorità della lingua sarda e, piano piano, mi sono resa conto di aver trovato una chiave diversa per far vivere quel testo. Allo stesso modo è successo per suoni, luoghi, rituali che caratterizzano la nostra cultura. Così mi sono ritrovata a considerare legami con la Sardegna che, se non fosse stato per il mio lavoro in teatro, forse non avrei scoperto.

 

Com’è nata invece la collaborazione con Diego Coscia e Lorenzo Tolusso, con i quali hai fondato la Compagnia Fronda Anomala?

Siamo tutti e tre ex compagni di corso dell’Accademia d’Arte Drammatica Nico Pepe di Udine. Per tre anni abbiamo frequentato nella stessa classe e, già in Accademia, tra noi si era creato un certo feeling umano e artistico. Abbiamo così scoperto di condividere una certa visione del teatro, la stessa “etica” professionale e lo stesso modo di intendere il rispetto per i colleghi e per il lavoro. Siamo tre persone diverse ma riusciamo a “combinarci” bene, perciò abbiamo pensato che la nostra collaborazione potesse continuare anche dopo l’Accademia. In questo modo è nata la Fronda Anomala. Può anche capitare poi di non essere sempre in tre: in alcuni spettacoli siamo solo io e Diego Coscia, ad esempio.

 

Come sono nati gli spettacoli nei quali hai raccontato la prima guerra mondiale attraverso lo sguardo e la cucina dei soldati sardi della Brigata Sassari?

Tutto il lavoro sulla Prima Guerra Mondiale è stato influenzato dagli anni trascorsi nel Friuli-Venezia Giulia. Cento anni dopo, soprattutto in certe zone, si avverte ancora nell’aria la vicinanza del fronte e il fatto che alcuni di quei luoghi fossero zone di guerra.

Già qualche anno prima dell’inizio del Centenario, abbiamo avuto occasione di seguire conferenze e presentazioni, e di conoscere storici e studiosi che hanno dedicato la loro vita allo studio della Grande Guerra.

Immersi in questa atmosfera, studiando e conducendo le nostre ricerche, ci siamo messi a lavorare su una drammaturgia a “sei mani” ed è nato lo spettacolo La gita di Ferragosto: un progetto che parla di informazione e guerra, passata e attuale. Man mano che procedeva il lavoro di ricerca, abbiamo scoperto delle pagine magnifiche scritte dai soldati, testimonianze così “particolari” che valeva la pena farci un secondo spettacolo.

Massimo di Prisco, un sardo trapiantato in Friuli, pieno di idee e proprietario del ristorante La Nicchia, l’unico ristorante sardo di Udine, ci ha chiesto di collaborare e fare qualcosa nel suo locale. Ed è stato grazie alla sua spinta, e alla sua collaborazione, che, durante un cena “sarda” abbiamo provato ad abbinare queste testimonianze, che parlano di cibo e di convivialità. È nata così la nostra Cena Letteraria, un format che abbiamo portato ovunque in giro per l’Italia e all’estero. E’ un progetto molto particolare che ci dà sempre molta soddisfazione e che siamo riusciti a proporre in tanti spazi “non teatrali”. Ci auguriamo di poterlo portare in giro ancora a lungo.  

 

Sul tuo curriculum ho letto che nei tuoi spettacoli, oltre alla recitazione, curi anche la regia e la drammaturgia. Immagino che questo richieda una vision molto ampia. È stata una tua scelta durante la scuola quella di coprire questi tre aspetti della rappresentazione teatrale?

A scuola c’era il corso di drammaturgia e diversi docenti mi hanno spronato a lavorare in tal senso. Diciamo che quando hai in mente un “tuo” progetto, è in qualche modo naturale mettersi a lavorare e curarne ogni aspetto. Sai di cosa vuoi parlare (ovviamente se hai davvero la necessità di dire qualcosa) e inizi a scrivere. Poi sei comunque tu a doverlo mettere in scena e quindi cerchi di affinare la sensibilità “registica” per cercare di metterlo in piedi, recitando in prima persona ma anche cercando di guardarti dall’esterno.

Per fare un esempio, l’anno scorso sono arrivata in finale a un premio per drammaturgie originali, con un testo su una storia per me molto importante. Avendolo scritto io, mi sono in qualche modo gestita anche la messa in scena, finendo per curarne anche la regia.

Chiaramente parlo secondo una visione ampia della figura dell’“Artista”, ma vorrei sottolineare che ci sono persone che studiano anni per diventare registi o drammaturghi. So di non volermi sostituirmi a loro e anzi mi piace molto quando si ha la possibilità di lavorare insieme. Tuttavia sono sicuramente degli aspetti che, come attrice, non possono restare fuori dal mio lavoro e dalla mia sfera di interesse.

 

L’anno scorso sei stata scelta per entrare nel Progetto Human, ambizioso spettacolo di Marco Balliani e Lella Costa, con i costumi di Antonio Marras e le musiche di Paolo Fresu e Gianluca Petrella. Potresti raccontarci cosa volete raccontare della “nostra Europa, intesa non solo come entità geografica, ma come sistema ‘occidentale’ di valori e di idee”?

Volendo semplificare molto si può dire che Human è uno spettacolo sull’immigrazione. In realtà il tema è molto più complesso e articolato, e questo è un progetto che vorrebbe andare più a fondo.

Posso dirvi che quello che si sta cercando di fare è mettere in campo punti di vista diversi, e a volte contrastanti, sul tema, cercando di tirare fuori le nostre contraddizioni “occidentali”: le paure, i pregiudizi, la memoria (troppo spesso corta) rispetto a quando siamo stati migranti anche noi e al fatto che, nonostante tutto, continuiamo ad esserlo.

Non vorremmo tanto dare risposte, quanto cercare di sollevare interrogativi e riflessioni. Non è un progetto facile, ma forse è proprio questo il bello.

 

Avete debuttato a Ravenna qualche mese fa. Com’è andata fino a questo momento e come procederà la tournèe che vi porterà in tutta Italia?

Abbiamo fatto più di un mese di prove. Abbiamo inserito, tolto, cambiato, smontato e rimontato. È andata bene ma cerchiamo sempre di migliorare anche grazie all’esperienza delle repliche fatte. La tournée inizierà il 7 ottobre, con il debutto nazionale al Piccolo Teatro di Milano, poi fino a febbraio saremo in giro in tutta Italia. Speriamo vada bene!

 

Al di là della partecipazione al Progetto Human, l’uomo nelle sue varie sfaccettature, drammatiche ma non solo, sembra essere molto presente nei tuoi spettacoli. Quali sono gli aspetti dell’animo umano che senti l’esigenza di raccontare?

Domanda molto complessa! Ti rispondo così. Penso che in ognuno di noi siano presenti delle contraddizioni: ci comportiamo in un modo davanti in una situazione, in un periodo, ma cambia la situazione o il periodo e ci comportiamo in modo opposto.

Prendiamo per esempio la Guerra, un tema vastissimo al quale mi sono dedicata, ma che non si può pensare di esaurire in un unico spettacolo. Proviamo a pensare, tra gli orrori della guerra, quanti modi di agire e reagire degli uomini si manifestano, quante posizioni contrastanti, quanti pensieri, quante emozioni così forti da lasciarti segni per una vita intera, e quanta umanità viene fuori in una situazione così estrema.

Ecco, in questo senso posso dire che, a volte, in determinati periodi, o per certi lavori, sento l’esigenza di dedicarmi a un aspetto in particolare. Per esempio è da un po’ che mi occupo della condizione femminile. Ma posso dire che, allo stesso modo, mi interessa esplorare e imbattermi in tutti gli aspetti dell’animo umano, senza nessun giudizio di fondo.

A maggior ragione avendo la possibilità di tradurli e farli rivivere nel teatro, inteso in un significato più ampio di “mondo artistico e umano”.

Ritengo il teatro un mezzo estremamente potente: alla sua base ci sta una persona (l’artista) che comunica con un’altra persona (il pubblico), in maniera diretta e profonda. E quando si crea questa relazione è un momento speciale, rituale, dove tante componenti umane molto diverse si intrecciano tra loro in maniera forte irripetibile.

 

Parallelo molto interessante. A proposito di pubblico, stai già lavorando a qualche tuo nuovo spettacolo?

Tante idee e tante cose che mi piacerebbe realizzare. Per esempio il monologo di cui vi ho parlato sopra è rimasto in sospeso e vorrei riprenderlo e farne uno spettacolo intero. Per ora il progetto Human è quello a cui dedicherò i prossimi mesi ma comincerò già a pensare al futuro, senza fare però troppi programmi. Voglio lasciare spazio anche a quei progetti che, ad oggi, ancora non mi passano per la testa e che ancora non immagino. Quelli che a volte arrivano senza averli programmati mesi prima.

 

Un saluto ai ragazzi di Brincamus…

Grazie per aver allargato il cerchio anche ad altri artisti. Che questo sia solo l’inizio di una collaborazione lunga e proficua!

A si biri cun salludi e trigu(Arrivederci con salute e grano, detto popolare campidanese, ndr)

 

Intervista a cura di Simone La Croce

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Il mondo artistico e umano del Teatro di Elisa Pistis