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Serendip significa, in breve, la fortuna di fare casualmente felici scoperte. E significa anche trovare una cosa non prevista mentre se ne cercava un’altra. Forse non ci poteva essere nome più appropriato per rappresentare una band, formatasi in maniera fortuita che poi è riuscita a trovare le alchimie e le motivazioni necessarie per portare avanti il progetto. Progetto ambizioso basato su equilibri non scontati, nel quale riescono a convivere quattro vocalist, due uomini – Sergio Calafura e Manuel Cossu – e due donne – Alice Madeddu e Eva Pagella – con una classica formazione rock strumentale, composta da Giorgio Del Rio alla batteria, Fabio Useli al basso, Maurizio Marzo alle chitarre e Michele Bandinu alle tastiere. Musicisti con background ed esperienze molto diverse ma con in comune un talento e una professionalità non usuali.

A seguito del loro incontro in pochi mesi, nella primavera del 2013, riescono a incidere il loro primo EP omonimo Serendip, un album fatto di pezzi pop ben orchestrati, che strizzano l’occhio alla world music e al rock classico degli anni ‘70. Lo scorso 14 aprile è stato anche presentato il loro nuovo video del brano Terra che ben rappresenta lo spirito della band e il legame, anche contrastante, con l’Isola.

I Serendip sono in continua evoluzione e non smettono di cercare un sound che li contraddistingua e nel quale possono identificarsi a pieno, “pur senza precluderci alcuna possibilità di sperimentazione e contaminazioni sia in termini di generi che di arrangiamento“, come ci ha raccontato il cantante della band, e principale autore dei brani, Manuel Cossu, che in questa intervista ci svela qualche retroscena in più su questo progetto. Buona lettura.

 

Vi siete incontrati grazie al Forte Village a seguito di una loro richiesta specifica, ma poi avete deciso di continuare. Che cosa vi ha fatto propendere per un progetto comune?

Abbiamo notato da subito una grande sinergia tra tutti i musicisti, che rendeva molto semplice esibirsi insieme. Nessun protagonismo, molta serenità e altrettanto dialogo. Soprattutto la voglia di supportarsi l’un l’altro e condividere musica. Inoltre l’impasto sonoro delle quattro voci ci sembrava molto particolare, perfettamente integrato alla sezione strumentale. Una volta finita la stagione abbiamo quindi deciso di provare a costruire un progetto inedito insieme.

 

Quanto l’aver creduto in questo progetto ha a che fare con la parola serendip che avete scelto per rappresentare la band?

Il nome Serendip ha a che fare con un incontro fortuito, che conduce a qualcosa di positivo e inaspettato. La scelta di credere nel progetto è cominciata come una scommessa, che lentamente ci sta portando a scoprire un immaginario comune molto evocativo, onirico e di ampio respiro. Almeno a detta delle persone che si sono affezionate alla nostra musica. Non potevamo aspettarci un simile risultato. Quindi sì, in un certo senso nomen omen.

 

Avete deciso di utilizzare ben quattro voci nel gruppo, due maschili e due femminili. Una scelta impegnativa che, se azzeccata, consente di offrire esibizioni di grande impatto. È stato semplice far convivere 4 vocalist, per altro molto dotati?

Ti ringrazio per l’apprezzamento. In effetti sono orgoglioso di condividere il palco con simili professionisti, ma non definirei questa convivenza “difficile”. Piuttosto la trovo continuamente stimolante, e grazie al loro talento e versatilità posso sperimentare soluzioni armoniche sempre molto varie. Come un bambino con la plastilina.

 

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Anche i musicisti che accompagnano la sezione di canto sono tutti talentuosi e di grande esperienza. Una elevata qualità di esecuzione è stata una prerogativa della band e in che modo condiziona la composizione dei brani?

La composizione dei brani è sempre dettata da ciò che ci emoziona, prima ancora che dalle caratteristiche tecniche della band. Ovviamente è un valore aggiunto poter tradurre le idee in suoni. Diventa molto appagante quando i brani prendono vita esattamente come li avevamo immaginati.

 

L’EP omonimo con il quale avete esordito riportava cinque brani, in italiano e inglese. C’era già un’idea di musica e di suono dietro Serendip oppure è qualcosa che state ancora cercando e affinando?

In effetti i primi brani ci sono serviti per sperimentare su quale territorio potessimo esprimerci al meglio. Ricerca ed evoluzione sono una cifra costante del nostro percorso, tuttavia stiamo maturando un suono che ci convince e ci contraddistingue, pur senza precluderci alcuna possibilità di sperimentazione e contaminazioni sia in termini di generi che di arrangiamento.

 

Dal brano Radici emerge un certo rapporto di amore e odio per la Sardegna, il primo legato alla bellezza della terra, il secondo, invece, alle difficoltà che occorre affrontare per non dover andare via. È così complicato per un musicista stare in Sardegna e ambire comunque a un percorso artistico appagante?

E’ complicato, non lo nego. Anche per una semplice questione di “spostamenti”. Se vivessimo a Roma o Milano basterebbe prendere un treno per cambiare regione o stato. Fortunatamente la globalizzazione e la capillarità dei media rende più semplice far conoscere la nostra musica a un pubblico più ampio rispetto a vent’anni fa. Personalmente sarei pronto a spostarmi in un’altra città, ma preferirei di gran lunga non essere costretto a farlo. In fondo viviamo in un paradiso.

 

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Come detto siete in tanti e tutti molto capaci, sia nel canto che nella composizione. Come avete trovato un equilibrio nella stesura dei brani? Come si sviluppano le fasi compositive e di arrangiamento?

Ciascuno di noi ha un ruolo all’interno della band, credo sia questo il segreto. Io mi occupo della stesura dei brani e delle armonizzazioni vocali. Registro l’idea piano e voce e la mando ai miei colleghi. Poi ci troviamo in sala prove e costruiamo insieme l’arrangiamento. E’ una catena di montaggio. Questo non vuol dire che non richieda tempo. E che a volte non si inciampi su alcune idee che faticano a prendere forma. E’ un lavoro in costante rifinitura.

 

In una tua recente intervista ti sei soffermato, con una doverosa punta di orgoglio, sul fatto che siete riusciti a tirare su il gruppo da soli, senza aiuti esterni, “artigiani in una piccola bottega”. A quale tipo di aiuto ti riferivi?

A una produzione esterna. Non abbiamo ancora trovato un’etichetta o un’agenzia di booking che ci rappresenti, perciò contiamo unicamente sulle nostre forze. Come tanti altri validi artisti, del resto. Ma caparbiamente andiamo avanti.

 

Infine cosa ci potete rivelare sui vostri progetti futuri, che so, le vostre prossime esibizioni, un tour o un nuovo album?

Il video del nuovo singolo Terra anticipa l’uscita di un nuovo album, ancora in fase di lavorazione. Altri progetti sono in cantiere, comunque per tutte le info si può visitare la nostra pagina Facebook e il nostro sito web www.theserendip.it. Vi terremo aggiornati!

 

Grazie Manuel. Vi do il benvenuto in Brincamus a nome dell’Associazione e vi auguro buon lavoro.

Grazie e buon lavoro anche a voi.

 

A cura di Simone La Croce

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>> La scheda

 

La felice scoperta dell’alchimia che tiene uniti i Serendip
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