LFK

I Lazybones Flame Kids citano Bill Hicks nei loro pezzi, si rifanno a band del calibro di Shipping News, The Van Pelt, Mogwai, Explosion in the Sky, utilizzano strumentazione degli anni ’60 -’70 e, in pochi anni di carriera, fanno già parlare tanto, e bene, di loro.

Il loro album d’esordio, intitolato semplicemente L.F.K., è uscito quest’anno ed è stato registrato al Natural Headquarter di Manuele Fusaroli.

Sono concisi per spirito di ribellione e questo permette loro di avere una vision ben definita di ciò che vogliono fare. Sono musicalmente molto empatici e liberi, e per fortuna non fanno niente per nasconderlo, grande pregio del post-rock.

Guardano oltre, hanno le idee chiare e sanno comunicare attraverso la musica, dote sempre meno semplice da trovare in una band “in un mondo in cui siamo costantemente bombardati dalle opinioni di tutti”.

I ragazzi provengono da esperienze e background estremamente diversi ma comunicano in blocco: per questo abbiamo optato per un’intervista collettiva dove le risposte che troverete di seguito sono la fusione dei pensieri di ognuno di loro.

 

Avete appena concluso un tour in giro per il “continente”. Cosa scopre una band nata e cresciuta musicalmente in Sardegna? Nella risposta da parte dei club e del pubblico, c’è davvero qualcosa di sostanzialmente diverso oltre mare?

Fondamentalmente no. Ci sono, più che altro, sostanziali differenze tra i club, in Sardegna come nelle altre regioni d’Italia. Ci sono club attrezzati e con una buona risposta di pubblico, e altri che faticano un po’ a mantenere standard elevati. Ma non pensiamo sia una questione geografica o regionale.

 

Proponete tappeti sonori ben orchestrati, suoni, anche acustici, classici e rassicuranti, atmosfere “delicate” senza necessariamente trattenere le schitarrate. Come è nata questa vostra personale visione del post-rock? A quale falange fate maggiormente riferimento?

In realtà siamo arrivati al post-rock in momenti diversi della nostra vita: alcuni di noi si son confrontati con questo genere solo con la nascita della band. Fondamentalmente ci rifacciamo più agli “avi” del post-rock piuttosto che ai tanti filoni che son sopraggiunti in seguito. Parlo di American Football, Shipping News, The Van Pelt. Band seminali e poco conosciute, ma che hanno dato un enorme apporto a quello che oggi è il post-rock.

 

Nella conclusione del  video del vostro primo singolo, A Ride in an Amusement Park, citate il comico americano Bill Hicks, a proposito di realtà e finzione nella vita di tutti i giorni, e che tutto si riconduce alla fine ad una scelta spensierata tra paura e amore. Possibile che questo si scorga anche nei pezzi dell’album o sono l’ennesimo che si é fatto abbindolare?

Si scorge eccome. Per alcuni di noi il periodo della composizione dell’album è stato emotivamente molto forte, in quanto a vicende personali, e probabilmente queste emozioni si son tradotte in musica. In questo senso la composizione dell’album è stata la nostra “scelta d’amore”, come diceva Bill Hicks.

Siamo molto contenti del fatto di poter raccogliere molti feedback come il tuo, significa che nel nostro piccolo siamo riusciti a veicolare delle emozioni attraverso i nostri strumenti.

 

L’album è uscito per la Coypu Records, di Fano, che ha fatto emergere altre interessanti band come i Bruuno e gli Sexores. Com’è andata?

Come capita spesso: abbiamo bussato alla loro porta tramite dei contatti comuni, hanno ascoltato il disco e si sono subito dimostrati entusiasti di pubblicarlo sotto il nome Coypu. Il feeling coi ragazzi è stato immediato, ci hanno supportato e aiutato anche nel tour italiano, con una passione veramente genuina verso il nostro lavoro.

 

La scelta di cantare in inglese o di non cantare per niente, è una necessità dettata dalla forma canzone che avete deciso di adottare? Perché anche a giudicare dalle poche liriche e dalle citazioni inserite si direbbe che vogliate privilegiare la musica a discapito dei testi.

In un mondo in cui siamo costantemente bombardati dalle opinioni di tutti, essere concisi è una forma di ribellione, ma serve anche a focalizzarsi meglio su ciò che si vuole esprimere. Riteniamo che la musica strumentale abbia un grande dono: ognuno può lasciarsi cullare da emozioni diverse, non necessariamente vincolate da un testo. La stessa canzone può significare amore, speranza, oblio, a seconda del momento in cui la si ascolta e della persona che la ascolta. E questo processo, non avendo riferimenti ben precisi, si rivela virtualmente infinito.

 

E ora quali sono i vostri progetti per il futuro prossimo?

Stiamo componendo delle nuove canzoni, che speriamo possano diventare un album e portarci ad un nuovo tour. Probabilmente faremo un giro in Italia e magari in Europa a fine anno, per testare dal vivo i brani che stanno nascendo ora.

 

L’ultima domanda, ormai di rito… un pensiero per il clan Brincamus?

Il tour con Giancarlo Palermo è stato quanto di meglio una band possa augurarsi: competenza, simpatia e tantissima abnegazione. Ci siamo divertiti moltissimo, a dispetto dei tantissimi chilometri percorsi, e non vediamo l’ora di tornare sul tourbus!

 

Intervista a cura di Simone La Croce

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PER SAPERNE DI PIÙ SUI LAZYBONES FLAME KIDS

>> La scheda

 

Il post-rock dei Lazybones Flame Kids nel loro album d’esordio “L.F.K.”