ANDREA_CONGIA_FOTO_DI_CARLA_ERRIU

Ci sono artisti che non possono fare a meno di spaziare verso altri orizzonti e non fermarsi a quello nel quale nascono. Andrea Congia è uno di questi. Nasce musicista ma nel tempo ha sempre sentito la necessità di trovare altri canali comunicativi che potessero sia dare forza alle sue idee musicali, sia consentire alla sua musica di potenziarne le capacità evocative. Nella sua carriera l’ha fatto con il teatro, la letteratura e ora anche con il cinema, mantenendo sempre la Sardegna al centro dei suoi progetti e raccontandone la storia attraverso la produzione letteraria dei più importanti narratori isolani. Un intreccio di arti con un approccio multidisciplinare in grado di agevolare la comunicazione a un numero sempre maggiore di persone. I suoi progetti sono ormai innumerevoli, come le sue collaborazioni e i diversi soggetti che ha contribuito a creare nel tempo e che, non si sa come, continua a mandare avanti instancabilmente. Come l’Associazione Culturale Tra Parola e Musica – Casa di Suoni e Racconti. Casa, appunto, come piace loro definirla, della gran parte delle sperimentazioni che intavola con i diversi artisti con i quali collabora.

Per capire il mondo di Andrea un’intervista non è sufficiente. Vi consigliamo di andare a conoscerlo di persona ai suoi spettacoli. In questa intervista abbiamo provato a farci fare un quadro della sua visione dell’arte e della comunicazione, che di recente si è spinta fino alle arti visive e al cinema. Ma non vi anticipiamo altro e vi auguriamo buona lettura.

 

Ciao Andrea. Laurea in Storia della Filosofia Antica, studi di Etnomusicologia al Conservatorio di Cagliari, studioso e appassionato di musica “sociale” in Sardegna, poesia estemporanea, canto polivocale e strumenti musicali. Ma sei anche chitarrista, autore, interprete e tanto ti sei dedicato al teatro, con la Sardegna in qualche modo sempre coinvolta in tutto quello che hai fatto. Non sei l’unico a riuscire a fare tutte queste cose insieme ma sei uno dei pochi. Dove trovano la spinta le persone come te che hanno la necessità di comunicare e raccontare in cosi tanti modi diversi?

Io nasco come musicista ma ho sempre cercato di allargarmi per raggiungere e coinvolgere altri canali, proprio perchè ho sempre sentito la necessità di ampliare le mie capacità comunicative e arrivare a un numero sempre più ampio di persone. La musica ha fatto sì che mi potessi espandere verso altre modalità di comunicazione, come la letteratura, il teatro e il cinema. Con la Sardegna sempre al centro. Il filo conduttore è sempre stato quello, è l’obiettivo è sempre stato raccontarne la storia e le vicissitudini, della terra e del suo popolo. La musica è in grado di potenziare certe modalità di narrazione, rafforzando il significato delle parole e delle immagini evocate da chi prima di me ha raccontato con maestria il passato. La spinta viene dal fatto che cogliere meglio la narrazione consente di capire meglio il presente e dare, in qualche modo, una migliore idea di futuro, perché no, di una Sardegna più libera.

 

Partirà a brevissimo una piccola tournée nel Nord Italia. Ci potresti spiegare meglio che cosa porterai in giro insieme ai tuoi compagni di ventura e dove sarà possibile venire a vedere gli spettacoli?

Il breve tour che andrà in scena a novembre prevede tre esibizioni nel Nord Italia, interamente dedicate a Cicito Masala, il grande scrittore e poeta logudorese, del quale quest’anno ricorrono i cento anni dalla nascita. Di Masala, il poeta dei vinti, porteremo in scena alcuni brani tratti da Il Dio Petrolio, il suo romanzo sulla trasformazione sociale avvenuta in Sardegna a cavallo degli anni ’60 in seguito all’industrializzazione “a ogni costo” che ha sconvolto il tessuto agro-pastorale dell’epoca. Io accompagnerò con la chitarra e il synth le narrazioni di Camilla Soru. Gli spettacoli si svolgeranno presso i circoli dei sardi di Vicenza, il 18 novembre, Vimodrone (MI) il 19 novembre, e Milano il 20 novembre, dove saremo anche ospiti del convegno interamente dedicato a Masala Vinti ma non convinti, raccontiamo Francesco Cicitu Masala. Durante gli spettacoli verrà anche proiettato il documentario Vinti ma non convinti di Marco Gallus sulla sua vicenda artistica e culturale. Un ulteriore sforzo da parte nostra per riproporre la visione di Cicito Masala, non solo per riconsiderare il passato ma anche per provare a delineare degli scenari futuri possibili di libertà.

A dicembre torneremo di nuovo al nord, al momento per un’unica data al Circolo dei Sardi di Vigevano sabato 10 dicembre. Qui porteremo in scena invece La Notte delle Fiaccole, atto drammatico di Enzo Giacobbe, da noi riadattato a lavoro di parola e musica con l’attrice Antonella Puddu, dedicato a Donna Lucia Delitala, banditessa del ‘700. Lo spettacolo, anche in questo caso, racconta del mutamento storico e sociale che la Sardegna vive all’arrivo nell’isola dei Savoia. L’“Amazzone di Nulvi”, nello spettacolo personificazione della Sardegna intera, viene rappresentata come un’eroina contro l’oppressione sabauda, che per contro identificava le sue azioni come banditesche. Lo spettacolo vuole evidenziare anche come chi scrive la storia ha il potere di attribuire ai gesti degli uomini, e delle donne, valori contrastanti e spesso agli antipodi.

 

Tra l’incredibile numero di progetti che hai portato e porti avanti, ho notato la presenza di Tamburini, di Marcello Fois, Un anno sull’Altipiano di Emilio Lussu, Quaderni del carcere di Antonio Gramsci, Sonetaula di Giuseppe Fiori, Caccia Grossa di Giulio Bechi, e Il Cinghiale del Diavolo, sempre di Lussu. A parte il fatto che sembrava di scorrere i titoli della mia libreria, sono tutti testi fondamentali della narrazione Sarda moderna. Come mai la scelta è ricaduta su queste opere? Che cosa accomuna tutti questi lavori?

Oramai sono dieci anni che portiamo in scena la letteratura, trasformando la carta stampata in atti performativi, in momenti di narrazione orale, musicata dal vivo, assegnando alla parola e alla musica il ruolo di protagonisti principali sul palcoscenico. Portiamo in scena la letteratura anche per permettere alle persone di usufruirne in maniera più completa, di viverla, di sentirla, di ascoltarla e divederla, oltre che di leggerla in una dimensione privata. Lo abbiamo fatto attraverso Significante – Rassegna di Spettacolo tra Parola e Musica, che portiamo avanti ormai dal 2008. L’anno prossimo ricorrerà anche il decennale e, per l’occasione, proporremo un greatest hits degli oltre 50 titoli che in questi anni sono stati portati in scena. I titoli che hai citato sono quelli dei nostri intellettuali e sono stati scelti sicuramente per i temi che hanno deciso di trattare nelle loro opere. Temi di natura storica, politica, immaginifica, letteraria in senso stretto. Consideriamo quegli autori degni di essere considerati parti attive della storia della letteratura mondiale. Dedicarsi alla Sardegna non significa restringere il campo in ottica locale, ma per raccontare storie di popoli, come il nostro, che hanno a che vedere con la storia dell’intera umanità. Quei testi rappresentano la nostra storia in una prospettiva universale.

 

A proposito di Un anno sull’Altipiano. Nell’adattamento di Daniele Monachella e Mab Teatro, che state portando nei teatri, oltre ad averne composto le musiche, accompagni lo spettacolo con la tua chitarra insieme ad Andrea Pisu alle launeddas e alle percussioni. Su quali aspetti dell’opera avete deciso di focalizzare l’attenzione e perché?

Ci siamo dedicati in modo particolare al lato umano di Emilio Lussu e alla sua trasformazione, il quale da interventista, quale era durante la prima guerra mondiale, dopo aver vissuto in prima persona le vicende sull’altopiano, matura dentro se stesso un consapevole e profondo rifiuto della guerra. Prospettiva che potrebbe essere un buono spunto per il nostro presente, che ci aiuti a capire che la guerra mai ha prodotto nulla di buono e mai produrrà nulla di buono. Anche in questo caso parole e musica si fondono, aiutandosi a vicenda per rappresentare meglio sul palcoscenico sfaccettature che nella carta stampata hanno un valore, per quanto inestimabile, comunque più statico.

All’interno della Compagnia Teatrale di Daniele, la Mab Teatro, abbiamo anche deciso di investire per portare in giro lo spettacolo che di recente è anche diventato un audio-libro, prodotto da Mab Teatro e edito da Emons, che Daniele sta presentando in giro per la Sardegna proprio in questi giorni.

 

In quale modo le musiche che eseguite per accompagnare le letture dello stesso Daniele Monachella, sostengono questi aspetti?

Principalmente cercando di aumentare, per gli spettatori, la loro capacità di vedere le cose che vengono narrate. La musica, pur vivendo in una dimensione uditiva, trasporta e consente allo spettatore di immaginare mondi differenti. Un canale che corrobora il racconto, che racconta ad un’altra dimensione della persona, quella più profonda, viscerale, emotiva, legata alla capacità di ognuno di immaginare attraverso il proprio vissuto, e non solo attraverso le parole e il loro significato. La musica viene utilizzata per dar forza a quei significati del testo di Lussu. Ma è un approccio che utilizziamo in quasi tutti i testi che accompagnamo, ovvero utilizzare la musica per generare evocazioni.

 

So che, non pago di tutto quello che già fai, ti sei anche impelagato nella realizzazione del film Death before love. Ci puoi anticipare qualcosa?

La nostra Associazione Culturale Tra Parola e Musica – Casa di Suoni e Racconti, che è anche la nostra piattaforma creativa e organizzativa, all’interno della quale operano numerosi artisti, porta avanti tanti progetti musicali, tra i quali ci sono anche gli Skull Cowboys, una prog band della quale io curo, in collaborazione con gli altri ragazzi, composizioni e arrangiamenti. La band ha deciso di realizzare un videoclip per un suo brano intitolato per l’appunto Death before love. Dall’idea del videoclip si è passati a raccontare una vera e propria storia, partendo, anche in questo caso, da un’idea di Sardegna per poi trasporla in una prospettiva globale, quasi immaginando un mondo parallelo. Una Sardegna “alternativa”. Abbiamo scritto una sceneggiatura originale e coinvolto una regista emergente, Valentina Spanu. Con gli Skull Cowboys, insieme alla nostra Associazione, abbiamo messo in piedi un vero e proprio staff organizzativo per la produzione del film. Le riprese partiranno a breve in Ogliastra, tra le rovine di Gairo Vecchio e i paesi limitrofi. Sabato 12 novembre presenteremo il progetto a Cagliari, presso il Centro Commerciale “I Mulini”. Il film racconta la storia di una ragazza stuprata e messa incinta che decide di portare avanti la gravidanza, affrontando ostacoli e difficoltà. Riuscirà a superare le sue difficoltà, fino al momento della sua morte, per poi tornare in scena in forma di spettro. In una narrazione ricca di spunti fantastici, visionari e onirici molto particolari, cercheremo di raccontare i lati oscuri della maternità, prendendo spunto dal patrimonio narrativo orale sardo, chiamando in causa la figura delle panas, ovvero degli spettri delle donne morte di parto. Anche in questo caso opereremo una fusione delle arti, nello specifico musica e cinema, attraverso la quale proveremo a raccontare un’idea differente della morte, della vita e dell’amore, in un atto poetico video di un trentina di minuti circa.

 

Stare a parlare di tutte le tue collaborazioni e i tuoi progetti sarebbe impossibile. Ci potresti riassumere quali sono quelli più importanti che stai portando in giro in questo periodo?

Oltre ai progetti di cui abbiamo parlato, mi preme anticipare la realizzazione di un videoclip per un’altra della band di Casa di Suoni e Racconti, che si chiama Death Electronics. Durante il 2017 realizzeremo il video del brano Runar, dal disco Götzen-Dämmerung. Inoltre, durante il periodo natalizio racconteremo, in giro per la Sardegna, coinvolgendo i cori polifonici locali, il nostro spettacolo Il Cielo in una Culla, che racconta la figura di Maria di Nazareth, madre di Dio. Prendendo spunto dalla storia della natività di Cristo, la racconteremo attraverso i suoi occhi, attraverso i fatti che la portano a un certo punto a diventare la madre di Dio, incarnatosi in un uomo. La storia è scritta da me e da Maria Loi, che sarà anche l’attrice in scena, mettendo insieme spezzoni tratti dai Vangeli apocrifi, dove la figura di Maria viene raccontata in una prospettiva multiforme, nella sua crescita, dall’infanzia fino all’età adulta. Una storia classica del Natale ma raccontata in una maniera molto diversa, coinvolgendo il territorio, la polivocalità, il cantare insieme e soprattutto lo sguardo e l’orizzonte esperienziale della giovane Maria che si ritrova da un giorno all’altro a diventare la madre di Dio.

 

Ti va di fare un saluto ai ragazzi di Brincamus?

Saluto tutti i ragazzi di Brincamus e li ringraziamo per questo ambizioso progetto organizzativo, artistico, promozionale e comunicativo che apprezziamo tanto e che troviamo molto utile per i nostri artisti, sia in una prospettiva nazionale e europea, sia perché valorizza e dà spazio e visibilità ai tanti talenti sparsi per il nostro territorio. Grazie e in bocca al lupo a Giancarlo e a tutti i ragazzi che collaborano al progetto.

 

A cura di Simone La Croce 

© Riproduzione riservata


PER SAPERNE DI PIÙ SU ANDREA CONGIA

>> La scheda

 

 

Le vicende di un popolo e di una terra nella produzione artistica di Andrea Congia