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Maria Luisa Congiu, contrariamente a quanto accade a molti musicisti isolani, all’età di 18 anni ha sentito il richiamo della terra che non le ha dato i natali ma che lei ha sempre sentito sua, e ci è tornata. Qui ha iniziato un percorso, spinta da una forte passione, durante il quale è diventata nel giro di poco tempo, una affermata cantautrice con un grande seguito. È stato un percorso molto impegnativo durante il quale ha dedicato tanto tempo allo studio della musica e della cultura sarda, attraverso la riscoperta dei suoi principali interpreti e autori, riuscendo così a imparare la lingua, sempre utilizzata nelle sue produzioni musicali. Dagli anni nel Duo di Oliena alla sua attuale carriera solista, ha saputo conquistare l’affetto e la fiducia di migliaia di fan che in tutta l’isola affollano le piazze per i suoi concerti. E in tutto questo non ha mai messo da parte il suo spirito civico: patrocina con entusiasmo tante iniziative in giro per l’isola, che le sono valse riconoscimenti come il Il filo della pace dal Comune di Cagliari e il titolo di Ambasciatrice di Valori di Pace, Cultura e Arte dall’Amministrazione di Oliena.

 

Ciao Maria Luisa. Hai passato i primi 18 della tua vita a Roma, una grande città, poi sei “tornata” in Sardegna, in Barbagia. Una curiosa emigrazione al contrario. Com’è stato il ritorno nell’isola e cosa ti ha spinto a intraprendere la tua carriera come musicista?

Sono stata la prima della mia famiglia a rientrare. Potrei ipotizzare un parallelo con “il richiamo delle sirene di Ulisse”. Per tenermi in Italia avrebbero dovuto legarmi. Nonostante abbia sempre amato Roma, la città e la sua storia, non mi sentivo a casa mia. Appena arrivata in Sardegna ho subito avviato un percorso di studio della tradizione popolare e della lingua, fornendomi di una biblioteca personale invidiabile, registrando Gare poetiche e acquistando tanto materiale audio. Tutto quello che avesse potuto soddisfare la mia grande “sete” di recuperare il tempo che non avevo vissuto sull’isola. I primi anni mi hanno permesso di riallacciare i rapporti con la mia terra, conoscere mio marito e formare qui una nuova famiglia tutta mia.

 

Sempre a proposito della tua produzione artistica, ho letto che sei tu a comporre i tuoi brani. Potresti raccontarci come ti approcci al processo creativo?

La mia vita è un continuo osservare il mondo, la gente, le vite, gli stati d’animo, le storie. Sentire in prima persona le sofferenze di vicende geograficamente lontane da me, o gioire ed essere felice per ciò che di bello accade alle altre persone. Poi ci sono le mie storie, come Istellas, Bandelas de Amore, Bos Cherzo ‘ene, Boghe de s’Anima. Le emozioni di tutti i giorni, mie o di altri, diventano versi e musica in maniera totalmente naturale. Non saprei spiegare come. Nel mio piccolo, so solo di essere molto fortunata a poterlo fare.

 

Altra curiosità. Come hai fatto a imparare così bene la lingua sarda, tanto da decidere di utilizzarla nella scrittura dei brani?

Dai nostri Poeti, sia quelli estemporanei sia quelli “a tavolino”, si può imparare moltissimo. Personalmente ho tratto molto beneficio dalle gare poetiche, registrate, trascritte o ascoltate dal vivo. Ho studiato tutti i principali poeti: Piras, Tucconi, Cubeddu, Contini e altri fino ai più moderni Mura, Zizi, Masala, Pazzola, Sotgiu, Agus. Il loro uso della lingua sarda è qualcosa di meraviglioso, tutto incede con una naturalezza incredibile. Il loro canto è scandito dai ritmi stessi della natura, cosa questa, sempre più rara oggigiorno. In questo mondo così frenetico il poeta ti impone di rallentare e tornare alle origini, ai tempi che detta la natura. Rallentando e ascoltando con attenzione è possibile imparare a cogliere le sfumature di una lingua straordinariamente musicale.

 

In Sardegna, sia con il Duo di Oliena sia come solista, hai avuto sempre un’ottima risposta da parte del pubblico e nel tempo hai raccolto grandi consensi. A cosa credi sia dovuto principalmente questo successo?

Bella domanda. Alla quale però non posso rispondere con nessuna certezza. Posso ipotizzare che, come qualcuno mi ha già detto, il lato umano e quello artistico viaggiano sullo stesso binario. Di sicuro non c’è artefazione. La mia normalità di madre, moglie, figlia, amica, è tale e quale a quella di molti altri. Sul palco non cambia nulla se non una scarica emotiva da far paura e la costante volontà di far trascorrere alla mia gente qualche ora di serenità, pur fornendo, quando possibile, qualche spunto di riflessione.

 

Nell’ambito della nuova musica etno-folk, o world music se preferiamo, siamo molto incuriositi dall’interpretazione che ne danno i nostri artisti. In questo senso qual è la tua personale visione?

Ho iniziato il mio percorso dalle tradizioni popolari legate al Canto a Chitarra, ascoltando voci come Chelo, Cabitza, Firinaiu e Falchi, dal classico Canto in Re ai Muttos, alla Disisperada. Acquisire quelle conoscenze e quelle tecniche mi ha permesso di sviluppare un’interpretazione molto personale, caratterizzata da vocalizzi e mordenti tipici di quel modulo canoro. A questo si aggiunge uno studio serrato sui Poeti Estemporanei e sul Canto a Tenore. Il mio “mondo musicale” nasce pertanto dalla fusione tra tutte queste componenti. Il modo di comporre le canzoni che scrivo lo caratterizza rispetto ad altri musicisti. Questi nella maggior parte di casi sono interpreti e non cantautori, e già questa è una differenza importante. A mio avviso, i cantautori isolani hanno una bella marcia, sia per argomenti che per musicalità. Ma anche relativamente agli interpreti, pur valorizzando canzoni scritte e composte da altri, la Sardegna credo abbia parecchio da offrire.

 

Ti capita di suonare fuori dall’isola? Come viene percepita la tua musica dai non sardi?

Mi capita spesso di essere invitata, e anche se accetto, sono costretta a declinare più di una volta. Ho una vita piena fra la famiglia, la scrittura e le esibizioni. Fuori dalla Sardegna mi presento con la “mia musica”, chiaramente più attuale rispetto a quella che i nostri emigrati hanno conosciuto prima di partire. Spesso mi si chiede di eseguire, oltre alle mie canzoni, brani tipo Non potto reposare o Deus Ti salvet Maria, che in Sardegna non eseguo quasi mai. Ma quella sofferente nostalgia nei loro occhi, il modo caloroso col quale ti accolgono, come se ti conoscessero da una vita… come si fa a dire no? Allora diventa davvero festa e andiamo giù di Trallallera (canto improvvisato allegorico tipico della Sardegna meridionale, ndr), balli sardi e qualche volta addirittura Gosos (canti religiosi dedicati alla Madonna, Gesù o ai Santi, ndr). Il mio compito è, per una sera, accorciare le distanze fra loro e la nostra terra. L’emozione che ti viene trasmessa in cambio di questo è qualcosa di unico.

 

L’anno scorso a Cagliari sei stata insignita, insieme all’attivista curda Ezel Alcu, del premio Il filo della pace e ti è stato affidato il ruolo di ambasciatrice per la causa delle popolazioni curde, per il tuo impegno a favore della pace e della giustizia dei popoli. Inoltre il 10 settembre scorso l’Amministrazione Comunale del tuo paese ti ha insignita del titolo di Ambasciatrice di Valori di Pace, Cultura e Arte. Quale credi debba essere il ruolo e l’impegno del musicista oggi nel rapportarsi alle problematiche sociali e civili?

Il premio è arrivato proprio per i contenuti di ciò che scrivo. Credo quindi che sia importantissimo il messaggio che diamo attraverso la musica. E credo anche che si possano fare concerti “leggeri” affrontando però anche temi sensibili. Certo va fatto con i dovuti modi e la giusta discrezione, lasciando, alla fine del puro divertimento, degli spunti di riflessione, come sui valori che arricchiscono la nostra vita e su come noi sardi dovremmo valorizzare le nostre eccellenze. Per me, che scrivo le mie canzoni, è più facile farlo. Una cosa è certa, non userei il palco e la musica per scopi politici o vana gloria. La musica deve essere a servizio della comunità, anche quando, come nel mio caso, è anche un lavoro.

 

Immagino sia la stessa passione che ti spinge a fare da madrina a tante manifestazioni in giro per la Sardegna. Quale delle iniziative che hai supportato conservi nel cuore con maggiore soddisfazione?

Francamente non ce n’è una in particolare. Quando decido di partecipare a una manifestazione, specie negli ultimi anni, significa che credo fortemente in quel progetto. La soddisfazione, semmai, arriva dopo. Quando scopro che c’è stato un risultato, che tutto è andato a buon fine. Allora realizzo che il mio intervento è servito a qualcosa o che è stato utile ad aiutare qualcuno. Quella resta sempre la soddisfazione più grande.

 

Ti va di fare un saluto ai ragazzi dell’Associazione?

Sarò sempre vicina a chi si fa portavoce delle tradizioni popolari di Sardegna, a chi si impegna per far conoscere la nostra meravigliosa terra, la sua gente e quanto di buono e bello produce. Quindi ai ragazzi di Brincamus posso dire “GRAZIE”. Per essere i nostri portavoce fuori dall’isola, per ricordare costantemente al mondo intero che la Sardegna, a volte omessa dalle cartine geografiche, c’è ed è un paradiso terrestre. Il mio sincero grazie e un grandissimo “in bocca al lupo!”

 

Intervista a cura di Simone La Croce

Ph. Sabrina&Gigi gentilmente concessa da Maria Luisa Congiu

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PER SAPERNE DI PIÙ SU MARIA LUISA CONGIU

>> La scheda

 

Maria Luisa Congiu, la musica e la cultura nell’amore incondizionato per la sua terra
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