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Ostilità è il titolo dell’ultimo album degli Almassacro, band Hard Rap Core cagliaritana in attività dal 2010. Per usare le loro parole “mai titolo fu più adatto a fotografare il momento storico che stiamo vivendo”. E l’album stesso rispecchia, a sua volta, gli intenti del gruppo. E la loro attitudine. In ognuna delle 7 tracce che compongono l’album si respira ostilità: nei confronti di sfruttamento, repressione, mancanza di diritti, manipolazione dell’informazione e modelli sociali sbagliati. E le soluzioni musicali adottate dalla band assolvono appieno la loro funzione di sbattere i contenuti in faccia all’ascoltatore, con la giusta dose di violenza e intransigenza sonica. Nel rispetto della migliore tradizione rap core.

Gli Almassacro hanno saputo fondere le due anime della band, quella rap e quella hard core, dando vita a un mix esplosivo fatto di passione sincera nei confronti di quello che fanno e che vivono ogni giorno. Passione che emerge in maniera inequivocabile anche dalle risposte dateci in questa intervista, dove ci raccontano di quanto si cela dietro l’album e di cosa veramente abbia portato i ragazzi a mettere in piedi questa band. Buona lettura.

 

Salve ragazzi. La prima domanda che mi è sovvenuta imbattendomi in voi è: ma chi massacra chi?

La risposta è legata al nome, Almassacro, che è, più che altro, una condizione, un modo di essere e affrontare le cose di petto e la scelta di sentirsi pronti a tutto pur di non omologarsi al sistema. Non c’è nessuno da “massacrare”. Si tratta piuttosto di lottare a testa alta mettendoci la faccia e non rinunciando allo scontro.

 

Anche la scelta del titolo dell’album – Ostilità – mi pare ben connessa al vostro approccio musicale e lirico. Vi sentite in dovere di essere ostili a tutti i diversi aspetti della società che in qualche modo “denunciate” nell’album? L’ostilità è una scelta o una vocazione?

Dal nostro punto di vista, mai titolo fu più adatto a fotografare il momento storico che stiamo vivendo. L’ostilità è un sentimento profondo che si genera ogni qualvolta ti accorgi che ti stanno sfruttando e derubando dei tuoi diritti, che stanno mentendo contemporaneamente su tutti i canali, che controllano l’informazione, manipolano le coscienze e lo fanno mettendoti davanti degli elementi di “distrazione di massa”. Questo modello sociale è creato ad arte, come in 1984 di George Orwell.

Abbiamo scelto il titolo Ostilità perché ci sentiamo minacciati e vogliamo reagire con qualsiasi mezzo. A chi ci vuole controllare e reprimere e a chi ci vorrebbe buoni e tranquilli come animali ammaestrati, lanciamo un messaggio: non ci piegheremo e non ci avrete mai come volete voi.

 

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In Attitude cantate “Almassacro non porta gratitudine ma possibilità remote di problematiche irrisolte in formazione a testuggine”. Una sorta di canzone-manifesto. Quindi vi riconoscete una certa vocazione, o attitudine se preferite, all’offrire all’ascoltatore una “possibilità” in più, un diverso punto di vista attraverso il quale osservare quello che li circonda?

Forse nel nostro caso non crediamo si possa parlare di vocazione. La nostra è un’attitudine condita da una scelta: nessuna vocazione, nessun dono piovuto dall’alto purtroppo. C’è una certa propensione mentale, ma la decisione di rendersi “portavoce” di questa mentalità è consapevole, oltre che diretta conseguenza delle circostanze. La canzone si fa manifesto in questo senso. Ma forse sarebbe meglio dire che diventa semplicemente la manifestazione di questo modo di intendere e affrontare il discorso.

Il verso citato contiene in parte questo messaggio. Almassacro non porta gratitudine: non ne dobbiamo a nessuno, salvo a chi condivide con noi quotidianamente gioie e dolori e chi è tra questi già lo sa. Porta, eventualmente, tutta una serie di problematiche taciute, che con il tempo si son ingrandite e rafforzate e ora non si può più fare a meno di affrontarle. Inevitabilmente, nel momento in cui esprimi dei concetti offri, a chi ha la pazienza e l’attitudine di ascoltarti, la “possibilità” di conoscere un altro punto di vista sulla realtà che ci circonda, sul nostro approccio verso tutto, passioni comprese. Come la musica. È sempre una questione di attitudine, il valore aggiunto che da spessore alle cose!

 

Qualcuno ha detto, e cantato, che a canzoni non si fanno rivoluzioni. Però la canzone per così dire “politica”, o sociale, o impegnata, ha ancora a mio parere motivo di esistere. Meglio se libera da retorica e banalità. Meglio se libera e basta. Immagino non vi troviate d’accordo a inquadrare i vostri pezzi in questa “etichetta”, che a tutt’oggi sa ancora di cantautorato e Clarks. In ogni caso, provereste a spiegarci perchè si dovrebbe sentire l’esigenza di parlare nelle canzoni di ipocrisia, violenza, sangue, cattiveria e soprusi?

Crediamo che chiunque scriva dei testi, faccia dei dischi e calchi un palco abbia il dovere morale di lanciare dei messaggi. La musica è un linguaggio universale. Per quanto ci riguarda, venendo dall’Hardcore e dal Rap, non possiamo esimerci dal prendere posizione verso ciò che non ci piace o troviamo inutile ed ipocrita. Oggi tutti sono Rapper, bravissimi a scrivere canzonette per il solo scopo di vendere un prodotto e inventarsi un’immagine da ribelli. Poi scopri che nella vita reale sono dei bamboccioni, vivono ancora a casa dei genitori con la paghetta e fanno i leoni sui social network. Abbiamo visto quanto in Italia sia stato facile sputtanare un movimento come quello rap/hip hop, gettando alle ortiche il lavoro fatto in decenni dalla vecchia scuola con sudore e passione.

Teniamo a distinguerci, non ci interessano le mode. Per noi conta essere non apparire.

 

Non tutti i vostri brani hanno contenuti, per così dire, sociali. Alcune paiono canzoni d’amore senza però una demarcazione rigida che le differenzia dalle altre. Però pare che amore e odio nei vostri testi si fondano in un unico sentimento passionale che il rap-core vi consente di riversare nei vostri brani. È così?

L’eterna lotta tra ragione e sentimento, tra razionale e irrazionale è quello che ognuno di noi porta avanti giorno per giorno. I nostri testi viaggiano tra questi aspetti, a seconda di quali emozioni ci suscita l’argomento che trattiamo. Quando si discostano leggermente dal sociale è perché chi scrive i testi viene dal rap, quindi è facile trovarci anche quel mondo lì. Anche se abbiamo la presunzione di considerare il nostro approccio alla scrittura molto personale e ormai (purtroppo) abbastanza originale.

Il nostro “amore” per la musica deriva dal fatto che siamo molto soddisfatti da quello che facciamo, portando avanti un suono in antitesi con tutto quello che si trova nel “genere”. Mi spiego. Il rap non è rap come lo si intende oggi. Come l’hardcore non è l’hardcore che si intende oggi. Eppure funziona. Musica così aggressiva supporta in maniera perfetta il modo che abbiamo di affrontare gli argomenti e viceversa. Viaggiamo tra questi due generi, senza approfittare di uno a scapito dell’altro, ma con profondo rispetto e dedizione per quello che rappresentano. Coerenza, cuore e cervello.

 

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A proposito di rap-core, o rap metal, genere molto caro a tanti ascoltatori cresciuti negli anni ’90, quando i pionieri del genere erano band del calibro di Deftones, Rage Against the Machine, Korn o P.O.D., con formule molto diverse tra loro che per comodità si tende a inserire nel grande calderone del crossover. La vostra musica da questo punto di vista pare più semplice da inquadrare e credo che in buona parte derivi dalla genesi della vostra band. Ci potete raccontare un po’ come si è arrivati all’attuale formazione degli Almassacro?

È stato un viaggio lungo e tumultuoso. La primissima formazione aveva pochissimo a che vedere con quella attuale, soprattutto in termini di intenti. Insomma, era quasi un gruppo da saletta; la voglia di avvicinare un rap scuola ’90 all’hardcore c’è sempre stata ma la cosa era veramente embrionale. Poco dopo c’è stato il primo cambiamento nelle file e con l’aggiunta della linea di basso, abbiamo iniziato a buttare giù qualche idea per fare dei pezzi finiti. Ne è venuta fuori una bozza di scaletta e con essa i primi live. C’era tantissimo da lavorare ma l’energia trasmessa dal connubio dei generi, soprattutto dal vivo, si è sentita subito. Purtroppo però, non tutti credono nelle potenzialità, e, dopo poco più di un anno di attività, il progetto è stato messo in cantina. Non tutti i componenti fortunatamente hanno lasciato morire il progetto e due di loro lo hanno rimesso in piedi, rivedendone gli intenti. Dopo qualche mese si sono aggiunti nuovi compagni di viaggio e abbiamo iniziato a lavorare alla nuova formazione, l’attuale.

Tra le band che ci hanno influenzato non hai citato il rap di quegli anni. A livello di scrittura e di intenti ci sono sicuramente Lou x e Zerostress. Mentre, oltreoceano, troviamo Cypress Hill, Downset , Sx 10 e tutta la scuola newyorkese. E questo marca la differenza sostanziale tra gli Almassacro e altre band rap core. Se da un lato ogni pezzo ha un significato e una motivazione per esistere, dall’altro c’è la ricerca di metriche, rime e metafore. Non e’ un rap militante. È un rap che tiene molto conto anche del modo in cui si dicono le cose, oltre che del contenuto.

Siamo stati ispirati senza dubbio anche da Deftones e Rage Against the Machine, ma anche da gruppi seminali quali Biohazard, Dog Eat Dog, One King Down, Madball, Assalti Frontali, Dees Nuts e Lionheart. Insomma, questo è il nostro calderone: mettiamo tutto dentro a cuocere a fuoco lento, la zuppa che ne esce fuori può piacere o meno ma sicuramente ha un sapore per palati forti!

 

La fusione tra rap, hard-core e metal sembra perfetta per urlare quei testi nel microfono. Nel senso che vedo difficile gridare “sangue chiama sangue e sangue risponde” su una base lounge. Avete provato a sperimentare variazioni musicali sul tema o siete andati dritti verso quanto inciso in Ostilità?

Dietro c’è molta sperimentazione. Ci abbiamo messo un po’ prima di arrivare al sound e ai testi di OstilitàAthena suicida è la prova che siamo in grado di spaziare. Essere influenzati da più generi e anche avere cinque elementi nella band porta vantaggi dal punto di vista della composizione e del sound. Comporre per noi è un processo catartico e senza scavare nel sentimento non trovi né metriche né sound.

 

Tra i vari gruppi con i quali avete condiviso il palco – cito, tra gli altri, Madball, GBH, Kaos One, Strenght Approach, Mezzosangue, Moscow Death Brigade – quale tra queste esperienze ricordate con maggiore piacere e per quale motivo?

Sicuramente condividere il palco con Kaos e Strength Approach è stata un’esperienza che porteremo sempre nel cuore. Per noi è stato una sorta di “battesimo”, la prima volta che suonavamo di fronte a un grande pubblico da quando si era riunita la formazione. Ci trovammo coinvolti su più fronti in quella serata. La risposta del pubblico è stata abbastanza inaspettata per noi: siamo stati apprezzati e supportati come generalmente capita alle band più blasonate presenti quella sera. Anche la serata con i Madball è stata speciale: un sogno che si realizzava.

Ma l’importante non è solo con chi condividi il palco. È importante anche come avviene questa condivisione e che cosa alla fine ti lasciano le band, il pubblico, il pogo. Questo è lo scopo di tutto: per 20 o per 5000 persone, metterci il cuore e dare tutto.

 

A cura di Simone La Croce

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Tutta l’ostilità degli Almassacro nel loro ultimo album
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